La storia e le immagini della festa così assurdamente esclusiva che tutti se la sono dimenticata.
La sera del 3 marzo 1972 i fotografi in giro per Manhattan avevano un solo obiettivo: riuscire a entrare nello showroom dello stilista Giorgio di Sant'Angelo al 611 di Broadway, all’angolo di Houston Street. In quel momento, lì dove di solito sfilavano le mannequins, si stava tenendo quello che secondo alcuni era già il party dell'anno. Per altri, solo uno dei tanti che si tenevano ogni notte e che si sarebbero tenuti ancora nei mesi seguenti. New York era una città molto più dura di quanto lo sia oggi, una sorta di giungla metropolitana in cui persino i bambini commettevano cose che oggi farebbero alzare il sopracciglio, come gettare oggetti pesanti dalla finestra giusto per vedere cosa succedeva. Lo stato di New York si preparava all'elezione del nuovo governatore ma di lì a pochi mesi, a giugno, un'incredibile pioggia ininterrotta di 55 ore avrebbe provocato una delle peggiori inondazioni dell'East Coast.
Però, erano anche gli anni 70, quelli dei pantaloni a zampa d'elefante, delle capigliature cotonate e afro, del tricot, del sesso libero e dell'espansione di coscienza anche con qualche aiutino psichedelico. "È qui la festa?", nella Manhattan degli anni 70, era molto più di uno slogan. Giorgio Sant'Angelo (per gli americani aveva eliminato la preposizione) parlava cinque lingue - italiano, spagnolo, francese, inglese, e portoghese -, ed era una figura insostituibile di quel circo. Argentino di origini italiane, si faceva passare per un nobile fiorentino, una licenza poetica perdonabile in un decennio in cui Picasso diceva che tutto ciò che può essere immaginato è reale. Un mese prima, il 7 febbraio, "Giorgio", come veniva semplicemente chiamato per antonomasia prima dell'avvento di Armani, aveva presentato eccezionalmente la sua nuova collezione 4U2 al Guggenheim Museum anche se di solito preferiva farlo nel suo studio. Era passato per diverse fasi, l'etnico, il gitano, e ora le sue modelle sfilavano con mantelle di lana e di velluto.
Ma Sant'Angelo era anche il primo ad aver usato nuovi e futuristici materiali plastici come la Lucite per creare gioielli e accessori colorati, e aveva anche donato al mondo il tessuto elastico, l'invenzione di cui gli siamo ancora grati e per cui oggi è ricordato col soprannome Mr. Stretch, una rivoluzione epocale che al tempo ha stabilito la nascita del catsuit e del bodysuit. Lo stilista italoargentino aveva ovviamente la sua corte, come ne aveva una Andy Warhol e ce l'avevano tutti gli altri esponenti apicali della cultura, dell'arte e della creatività dell'epoca. Questi clan si avvicinavano spesso per motivi puramente epicurei fino a formare qualcosa di simile alle intersezioni fra i cerchi nei diagrammi, e all'interno di quell'area comune, i crossover fra i personaggi più disparati davano vita a idee e progetti.
Bisognava però trovare un pretesto perche tutto questo accadesse come se fosse un caso, e in genere non c'era niente di meglio di una festa. Il motivo per cui Giorgio di Sant'Angelo decise di dare un party per Éric de Rothschild e Veruschka è un po' andato perso nel tempo. I due non erano una coppia, ma facevano parte della fauna newyorkese dell'epoca. Veruschka era la modella più amata di quegli anni, forse della storia, e posava spesso con gli abiti dello stilista italoargentino. Éric de Rothschild oggi è un banchiere agé, ma al tempo era un giovane rampollo dell'arcinota famiglia di magnati e baroni francesi, e due anni prima aveva regalato a Andy Warhol i 20mila dollati che gli occorrevano per finire le riprese del film Trash, ottenendo in cambio di essere ritratto da lui come in un dipinto di Luigi XV a Versailles. Forse, tanto bastava per tirarci fuori un evento.
La data della festa fu fissata, la lista degli ospiti stilata. I fotografi Pierre Schermann e lo scozzese Harry Benson, famoso come fotografo ufficiale dei Beatles in tour, ebbero l'invito. Il primo che notarono, entrando, fu Andy Warhol con la sua solita dolcevita nera, la giacca di velluto a coste e i jeans, l'unico che poteva permettersi di arrivare a una festa vestito così, perché tanto era una divisa. Poi la modella tedesca Veruschka, con uno strepitoso abito stretch bianco con disegni di tucani coloratissimi, la gonna aperta davanti e le gambe inguainate in pantacollant dello stesso tessuto che finivano negli stivali di pelle color miele: "era seduta per terra con lo stilista Giorgio e l'hairstylist del momento, Ara Gallant. Il gruppo incarnava la scena della vita notturna del centro degli anni ’70”, racconterà anni dopo Benson.
Gli ospiti erano tanti e del tipo che non finiva sui giornali che le zie sfogliavano dal parrucchiere. Si mescolavano nello showroom tenendo occupate le mani con un bicchiere o una sigaretta, si sedevano sui tappeti, sulla scrivania dello stilista o sui divani che negli altri giorni servivano a ospitare gli spettatori delle sfilate. E parlavano tantissimo, dando vita a reazioni chimiche. C'era lo stilista Halston, c'era la baronessa Marie Helene de Rothschild, altro membro della prominente famiglia di banchieri. C'era il favoloso John McKendry, sposato a Maxime de la Falaise ma amato da Robert Mapplethorpe, uno che non si perdeva una festa e il giorno dopo era lucidissimo al Met, per cui lavorava come curatore, sempre elegantissimo con le sue camicie di seta, i completi di velluto e gli anelli d'argento a ogni dito. C'era Alexis, il barone de Rede, l'uomo più snob della seconda metà del 900, uno che non si metteva in soggezione nemmeno davanti alla regina Elisabetta e di cui si diceva che fosse très occupé doing nothing, perché non ha lavorato un giorno della sua vita grazie alla rendita di famiglia che gli permetteva di dedicarsi solo alla conservazione del bon ton e del protocollo, e al collezionismo di livello museale. C'era la modella Berry Berenson, che con Marisa Berenson faceva il duo di sorelle più desiderate e chic del jet set. C'era Betsy Pickering, al tempo moglie di Harry Theodoracopulos, membro della famiglia di armatori e magnati greci. C'era DD Ryan, direttrice di Harper's Bazaar Usa, socia di Halston e presenza fissa nella classifica delle donne meglio vestite dell'universo. C'era la modella angloirlandese Maxime de la Falaise, contessa anche lei come Veruschka, che negli anni si sarebbe reinventata come stilista, anche per Chloé. C'era la leggendaria modella napoletana Marina Schiano, musa del fotografo giapponese Hiro e di Yves Saint Laurent. C'era il principe John Radziwill, della nobiltà polacca con cui nel 1959 si era imparentata Lee Bouvier, la sorella di Jackie Kennedy.
Tutto era immerso nel colore che la stampa fotografica di mezzo secolo fa oggi rende saturo e ammaliante. Tutto era effimero in quel modo di cui chi è giovane è totalmente inconsapevole. Tutti si muovevano nella stanza come nel gioco della sedia, per trovare il loro posto nel mondo prima che la musica finisse. Quasi tutti non ci sono più. Il primo ad andarsene è stato John McKendry nel 1975, sopraffatto appena tre anni dopo da tutti i drink che aveva buttato giù in centinaia di feste. Giorgio Sant'Angelo se ne sarebbe andato 16 anni dopo per un cancro ai polmoni, finendo in un ingiusto dimenticatoio. Ma a quel punto, nel 1989, la magia degli anni 70 era già finita da un pezzo.